Monday, April 17, 2006

Nuove terapie all’estero, paga l’Asl

da "il Paese Nuovo" del 16 aprile 2006

Quando una cura non è ancora disponibile in Italia i cittadini hanno diritto di farsi curare all’estero, a spese del Servizio Sanitario Nazionale. Con la sentenza del Consiglio di Stato 1902/2006 questo diritto è garantito anche a chi intende seguire una terapia che non garantisce la piena guarigione. Per i giudici “assume un rilievo specifico e significativo anche solo la possibilità di un certo grado di miglioramento, sia pure temporaneo delle condizioni condizioni del paziente”.



Nuove terapie all’estero, paga l’Asl
Anche per le cure non riconosciute dal Ministero. Lo dice il Consiglio di Stato

Soffrire di una grave patologia e non avere la disponibilità economica per curarsi all’estero, in cliniche specializzate che propongono terapie diverse da quelle riconosciute in Italia.
Capita a tanti pazienti, che ripongono le proprie speranze di guarigione o di miglioramento in percorsi terapeutici praticati all’estero, e da ieri, per queste persone, si è aperta la via per vedersi riconosciuto il diritto di scegliere a quale terapia affidarsi, beneficiando dei fondi del Servizio Sanitario Nazionale.
Il Consiglio di Stato (con la sentenza n. 1902/2006) ha infatti dato ragione a due cittadini liguri ai quali era stata negata l’autorizzazione a sottoporsi a una terapia di radiochirurgia stereotassica presso un istituto specializzato statunitense.
La vertenza vedeva contrapposti l’Asl Genova 3 e la Regione Liguria da un lato e dall’altro i due cittadini che chiedevano di potersi curare nella clinica statunitense a spese del Servizio Sanitario Nazionale, visto che in Italia nessuna struttura offriva una terapia del genere.
Il caso era approdato al Tribunale amministrativo della Liguria, che con sentenza 229/2003 aveva accolto il ricorso proposto dal signor R.P., che si era visto negare il diritto di curarsi all’estero, e di seguire così la terapia consigliatagli dal proprio medico.
L’Asl aveva così presentato ricorso al Consiglio di Stato sostenendo che la terapia consigliata al paziente era priva di validità scientifica e precisando, al contempo che la stessa terapia era fornita dall’ospedale Bellaria di Bologna.
La V Sezione del Consiglio di Stato ha invece dato ragione ai cittadini; per i giudici, infatti, “non può essere posta in dubbio la legittimità del diritto del paziente a vedersi riconosciuto il trattamento medico a lui consigliato dal medico curante quando, come nel caso di specie, questo trattamento non è assicurato da strutture mediche nazionali e non è in discussione la specialità della cura prescritta. Non appare poi corretto - hanno sostenuto i giudici - valutare l’adeguatezza dellla cura con riguardo agli effetti certi o probabili di guarigione, ciò almeno per tutte quelle patologie che per loro natura comportano una possibilità minima di successo pieno della terapia e per le quali, con evidenza, assume un rilievo specifico e significativo anche solo la possibilità di un certo grado di miglioramento, sia pure temporaneo, delle condizioni del paziente”.
In altre parole non si può togliere ai pazienti anche la speranza di guarire, o di alleviare, anche per poco, la sofferenza dovuta alla malattia.
La possibilità di curarsi all’estero a spese del Servizio Sanitario Nazionale è già contemplata dal diritto italiano. Le Asl, infatti, rimborsano i cittadini che debbano sottoporsi a cure non disponibili in Italia, o nei casi in cui l liste d’attesa sono troppo lunghe. La richiesta di rimborso, però, viene accettata solo dopo aver sentito il parere dei centri di riferimento regionali , parere che, nel caso dei due cittadini liguri, era stato negativo. L’Asl di Genova, infatti, aveva chiuso le porte alle richieste dei due cittadini dopo aver sentito il parere del Centro di Riferimento Oncologia presso l’Ist (Istituto Nazionale per la ricerca sul cancro) di Genova e il Centro Regionale Ospedale di Riferimento Urologia di Genova.
Il parere di questi centri, espresso sulla base della documentazione presentata dal cittadino, è vincolante e inoltre la terapia proposta deve essere riconosciuta ufficialmente in Italia perchè il Servizio Sanitario Nazionale possa rimborsare l’assistito.
Il caso dei due cittadini genovesi ricorda, per molti aspetti, la battaglia per la “libertà di cura” nata in seguito alle ricerche di Luigi Di Bella, l’oncologo che aveva proposto una nuova terapia contro il cancro. L’allora pretore di Maglie, Carlo Madaro, seguì da vicino la vicenda, firmando un’ordinanza che imponeva alle strutture sanitarie locali di fornire gratuitamente la somatostatina.
La sentenza del Consiglio di Stato, crea un altro precedente in questo senso, anche se nel caso specifico, la terapia richiesta dai due pazienti (radiochirurgia stereotassica) viene oggi praticata in Italia, in alcuni centri specializzati, in ritardo clamoroso rispetto agli Stati Uniti, dove il dottore Gil Lederman esegue questo trattamento da quasi vent’anni.
Stefano Mele

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