Saturday, July 22, 2006

Il fascino dell'Africa salentina

Da "Carta" del 15/21 luglio 2006
Il fascino dell'Africa salentina



TEATRANTI SCRITTORI E CINEASTI DI TUTTA L'AFRICA ARRIVANO IN SALENTO PER "NEGROAMARO" E LA REGIONE PUGLIESE DIVENTA PER UN'ESTATE LA CAPITALE AFRICANA DELLE ARTI


Una grande quercia, due fiammelle e la gente del villaggio, tutti seduti in penombra ai piedi dell’albero secolare. Non è l’Africa nera, ma Corigliano d’Otranto, Salento. E’ qui che Mandiaye N’Diaye ha portato gli attori del suo villaggio senegalese di Diol Kadd, quel villaggio che lo ha visto partire con il sogno di diventare un grande calciatore in Italia, nel 1982, e che lo ha visto ritornare venti anni più tardi in un'altra veste, quella di attore di teatro, “griot”, come viene appellato in alcune regioni del Senegal chi appartiene alla casta degli artisti. Mandiaye N’Diaye torna con un progetto, quello di portare il teatro lì, a Diol Kadd e alla gente del villaggio “dimenticato dal mondo del quale non c’è traccia sulle carte geografiche” dice in uno spiccato accento romagnolo. La storia di Mandiaye N’Diaye, degli attori e dei musicisti che lo accompagnano e che lo ascoltano seduti sulle rocce ai piedi della quercia vallonea, è uno dei tanti orizzonti aperti da questa sesta edizione della rassegna delle culture migranti “Salento Negroamaro”. Il termometro segna trenta gradi all’ombra nel Salento e dal 15 giugno al 6 agosto 2006 questo estremo lembo del sud Italia diventa un’appendice d’Africa, si trasforma in un polo culturale che è riuscito ad attrarre i più grandi autori del panorama musicale, cinematografico, teatrale, artistico e letterario del continente nero. Grandi nomi: da Capo Verde Cesaria Evora il 13 luglio, dal Senegal Youssou n’dour, il 15 luglio e il 21 luglio arriva invece la Nigeria di Femi Kuti. Accanto a questi mostri sacri si affacciano astri nascenti delle arti e personaggi già noti in Italia, come lo scrittore senegalese Pap Khouma, direttore della rivista on-line di letteratura della migrazione “El-Ghibli” e autore, con Oreste Pivetta, di “Io venditore di elefanti. Una vita per forza fra Dakar, Parigi e Milano”. Anche Pap Khouma, ai piedi della grande quercia di Corigliano, racconta il suo Senegal, parla dell’Animismo, tema del suo ultimo romanzo: “Nonno Dio e gli spiriti danzanti”. Lo fa davanti a una folla di gente semplice, quasi al buio, in un paesino di cinquemila anime che per dieci giorni ha accolto gli ospiti africani con un calore meridionale e con curiosità ne ha seguito i movimenti e le esibizioni, fra i vicoli stretti e colmi di figure barocche, nel castello quattrocentesco che non cadde sotto le invasioni turche.
Il “Salento Negroamaro”, rassegna che prende il nome da un vitigno di questa terra di Puglia, è anche questo, una mescolanza di culture: quelle africane da un lato e quella salentina dall’altro, un incontro che avviene nella musica, quando i djembe senegalesi si fondono con i tamburelli delle pizzicate, o nel cinema, con la rassegna diretta da Paolo Pisanelli, “Cinema del reale”, che occupa le giornate del “Negroamaro” dal 17 al 22 di luglio e che include proiezioni di opere non solo di registi africani. Fra questi arriveranno nel Salento maestri del cinema come Sembène Ousmane, dal Senegal, premiato nell’ultimo festival di Cannes per il suo “Moolade” e Rahmatou Kéita, con il suo documentario: “Al’ lèèssi…”, un lavoro che racconta la nascita del cinema africano negli anni sessanta. Con loro ci saranno le delegazioni del Ministero della Comunicazione, delle arti e della cultura del Niger, della Direzione Generale della Cinematografia del Niger presso l’Unesco, dell’Ambasciata del Niger in Italia e della Cineteca di Francia, accolte dai rappresentanti della Provincia di Lecce, ente che ha promosso il “Negroamaro”.


Stefano Mele

Tuesday, July 11, 2006

SAN CATALDO, PENNELLI E LEGGENDE

da "Esportazione senza filtro" n° 3 giugno/luglio 2006



SAN CATALDO, PENNELLI E LEGGENDE


La leggenda narra che Cataldo, in viaggio verso Taranto per volere divino, placò la tempesta gettando in mare un anello e in quel punto si sarebbe formata una sorgente d’acqua dolce, chiamata Anello di San Cataldo.


Saranno passati almeno 1500 anni e ancora oggi San Cataldo fa da scenario a numerose leggende, probabilmente meno suggestive ma altrettanto fantasiose, come quella che narra che per “salvare la stagione” è necessario scaricare sulla spiaggia 150 mila metri cubi di sabbia, o quella che racconta di un maestoso progetto di edilizia che riguarda la realizzazione di un grande albergo in prossimità della darsena, o ancora la leggenda del porto, quello che dovrebbe accogliere gli yacht delle persone per bene.


Tutte leggende, racconti che stimolano la fantasia, e nonostante ciò le idee per San Cataldo non ci sono, la fantasia amministrativa manca del tutto, e la marina è una delle più tristi periferie di Lecce, tetra l’inverno e morta l’estate, se non fosse per qualche bar che fa ricordare la presenza di forme di vita intelligenti(?).


Non un’attrattiva per i più giovani, non un cinema all’aperto, non una manifestazione musicale degna di questo nome, una manifestazione teatrale e presto neanche la sabbia. Di buono solo le cozze che puoi gustare in un chiosco proprio all’ingresso della marina.


Osservando i “pennelli”, quelle lingue di roccia incastonate di rifiuti che dalla spiaggia si spingono per circa sessanta metri al largo, come pugnali nel mare, appare subito chiara la considerazione che gli amministratori hanno di quei luoghi, un’appendice scomoda della città, dove abbandonarsi a spericolate sperimentazioni ingegneristiche, l’ultima frontiera della lotta dell’uomo contro il mare, dell’accanimento contro quel mare che prima non era cristallino, ma ora è persino offensivo per gli occhi di chi lo guarda. E intanto il presidente della circoscrizione, il forzista Alberto De Masi, promuove la festa del panzerotto surgelato e chissà quali altri eventi memorabili per questa magica estate.